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Thousand Oaks rappresenta a suo modo una sintesi di buona parte delle linee di ricerca delineate fino ad ora e una nuova visione, quasi una proiezione oltre, del tutto sorprendente. Il suonatore di shakuhachi Philip Gelb (che persegue da anni una atipica sintesi tra la musica giapponese e l'avanguardia o improvvisazione) e' senza dubbio il faro illuminante di questo lavoro, permeato sull'estetica del shakuhachi e koto. Sulle sonorita' create da questi due strumenti tradizionali giapponesi si inseriscono Chris Brown e Tim Perkis che pare scoprano quasi nell'interazione i ferri del loro mestiere e la loro estetica improvvisativa. La gestualita' diventa l'idioma comune. Percuotere, pizzicare, sfiorare, toccare fuggevolmente, far vibrare sono le sfumature, gli stili, gli accordi di una trama che rivela un'insolita capacita' di attenzione reciproca e di dialogo in un contesto sonoro dove si intrecciano tradizione e avanguardia. I sette pezzi dimostrano una rara sensibilita' nel mettere a dialogo Oriente e Occidente. Nulla viene assimilato, ed anzi proprio il contrasto delle diversita' - capacita' di dialogare e di costruire improvvisazione insieme - e' l'aspetto piu' intrigante di questa esperienza. Bravo ancora una volta Brown, dunque, capace di proporsi come uno degli artisti sicuramente piu' interessanti della scena americana contemporanea.